22-04-2010
Guicciardini: “Il futuro del Pd comincia da Siena”
Una relazione approfondita e dettagliata per analizzare il voto delle elezioni regionali e per indicare alcune linee guida fondamentali per il futuro del Partito democratico. E’ quella presentata giovedì 22 aprile da Niccolò Guicciardini, responsabile del dipartimento partito, alla direzione provinciale del Pd senese, svoltasi presso il circolo Arci del Ruffolo, a Siena. In oltre 40 minuti di intervento Guicciardini ha tracciato il quadro generale del risultato elettorale spiegando la nuova geografia politica del Paese e le prospettive del Partito. Uno sguardo “d’insieme” al voto del 28 e 29 marzo “L’impatto complessivo dell’ultimo voto ha lasciato senz’altro l’amaro in bocca per come si è determinato: le due regioni passate saldamente in mano al centrodestra, Campania e Calabria, e Piemonte e Lazio consegnate al fotofinish, l’ondata delle vittorie del centrosinistra che rimane al di là delle Alpi, l’avanzata della Lega, i ballottaggi che consegnano alla destra anche realtà tradizionalmente di centrosinistra, e soprattutto un astensionismo che spaventa. Allo stesso tempo un Partito Democratico che riesce a reggere l’urto, avanzando di circa un punto percentuale se si sommano le liste di alcuni Presidenti (tranne in Puglia e nel Lazio), un Pdl che cala e una forbice tra centrosinistra e centrodestra che scende nel complesso. Ma il nostro compito non è certo quello di sommare gli elementi di preoccupazione per dipingere un quadro tutto nero, magari per lasciarsi andare al solito sconforto, oppure intercettare i segnali positivi per rassicurarsi o, peggio, cantare vittoria. Il nostro compito è guardare in faccia la realtà, capire le motivazioni, individuare analiticamente i fattori negativi per intervenire e depurare gli elementi positivi per capire su cosa puntare e cosa mettere al centro della nostra azione politica nel lungo percorso che porterà il nostro Partito alla sfida del 2013 a livello nazionale e al suo radicamento e rafforzamento locale, con la decisiva sfida del 2011. Un dato, infatti, è incontrovertibile: il centrosinistra si conferma ad oggi minoranza elettorale e culturale nel nostro Paese”. Il voto a livello nazionale “Il Partito Democratico, in definitiva, perde sul piano nazionale un milione e centomila voti sul 2009 in termini assoluti e si attesta a circa il 27%. Seppure appaia ad un’analisi fredda fisiologica l’emorragia di consensi in termini assoluti, visto il dato eccezionale dell’astensionismo, non possiamo esimerci dal domandarci perché un milione di persone, pari a quasi il 16% sul totale dei votanti Pd, abbiano deciso di non tornare a votare Pd alle elezioni o abbiano deciso che non ne valeva la pena. Questo interrogativo si pone a tutti i partiti, ma in particolare al nostro che ha un tremendo bisogno di costruire l’alternativa a partire dall’entusiasmo, la convinzione e l’impegno del proprio elettorato di riferimento. Se il raffronto lo facciamo con il 2008, con le Politiche, sono 4 milioni e mezzo gli italiani che non ci hanno confermato la fiducia o rivolgendosi altrove o, più facilmente, non venendo a votare. La situazione politica e di legge elettorale è completamente diversa, ma è bene avere un quadro preciso anche nei numeri assoluti. Se, infine, stiamo al dato dell’Ulivo del 2005, i voti sono due milioni e mezzo con cali più significativi nel sud e in Piemonte Il Partito Democratico, a consuntivo, si conferma la forza dell’alternativa al centrodestra. Ma ha un tremendo bisogno del nostro contributo, come vedremo nell’analisi dei risultati locali. Ha un tremendo bisogno del contributo di tutti noi, della voglia di mettersi in gioco nella società, di costruire il partito a partire dalla proposta politica, dai rapporti con le persone, dalla voglia di scommettere”. L’astensionismo Più di un italiano su tre non si reca a votare, l’affluenza è pari al 64,2%. Il risultato peggiore nella storia delle consultazioni elettorali in Italia, se si escludono i referendum. Prendendo solo le regioni in cui si è votato, per avere un raffronto più realistico, si vede un calo di otto punti percentuali rispetto al 2005. Alle regionali del 1995 votò l’82% degli aventi diritto, ossia diciotto punti in più rispetto al 2010. Insomma, il fenomeno dell’astensionismo ha avuto un’accelerazione impressionante negli ultimi anni, tanto da arrivare a Presidenti di Regione eletti dal 30% degli aventi diritto. Un trend che non appartiene alla nostra tradizione politica e che davvero rappresenta un segnale chiaro a tutti i partiti e soprattutto alla nostra stessa società. Non possiamo nasconderci che la grave crisi economica abbia influito in modo significativo sull’astensionismo. Ma anche questo non è un alibi, anzi è un aggravante: nel momento in cui i problemi quotidiani legati alla sicurezza del lavoro, al crollo del potere d’acquisto, al rattrappimento della mobilità sociale si manifestano in modo virulento, la politica non rappresenta il campo in cui confrontarsi. Anzi, si vive con ancora più distanza. Non si vede nei processi decisionali collettivi, quale è un’elezione regionale, una strada possibile per scegliere un modo di risollevarsi, di ripartire. Il fenomeno dell’astensionismo, che colpisce tutti i partiti, non è definibile come un partito in sé. Non si può dare un’interpretazione omogenea all’astensionismo, in quanto si sommano diverse tendenze. Da una parte l’apatia o il disinteresse, che di certo molti messaggi mediatici incentivano da una ventina d’anni a questa parte, dall’altra la protesta o l’ammonimento. Fino anche allo sfinimento per l’appiattirsi di ogni prospettiva”. Il voto in Toscana “In Toscana diventa Presidente Enrico Rossi con il 59,7% dei voti e il Pd toscano, come detto, è il primo in Italia con il 42,2%. Come ha detto il nostro segretario Elisa Meloni, e condivido pienamente, il risultato toscano non si può liquidare guardandolo come la ripetizione di una tradizione o il frutto di qualche strana alchimia. E sinceramente ha ragione Rossi a rivendicare al modello toscano l’attenzione dovuta. Anche in Toscana la competizione c’è, per quanto minore rispetto ad altrove. Alle ultime amministrative abbiamo perso alcuni comuni, come Prato. I toscani non sono dei cretini che votano sempre il centrosinistra perché sono abituati a farlo. Non sono una specie protetta, indenne da tutti i mutamenti sociali ed elettorali di cui abbiamo parlato finora. Anche i toscani scelgono se andare a votare e chi andare a votare. E se hanno deciso di dare fiducia al centrosinistra, state pure certi, influiscono tanti elementi che vale la pena analizzare. In Toscana, a fronte di un centrodestra a tratti imbarazzante e incapace di costruire anche una candidatura credibile e spendibile, il centrosinistra è stato in grado di mettere in piedi una coalizione ampia ma compatta ed unita. Questo non è affatto scontato, viste le non lontane esperienze di coalizioni di governo ampie che si sono dimostrate litigiose e incapaci di decidere. In Toscana, invece, abbiamo saputo proporre una coalizione molto ampia, ma che ha dato l’idea di essere in grado di portare avanti tutte quelle scelte, anche difficili e radicali, che Enrico Rossi si è assunto nel suo programma”. Il voto in provincia di Siena “Uno su due” recita il manifesto di ringraziamento che abbiamo fatto per le elezioni regionali. In effetti, in Provincia di Siena siamo tornati ad essere maggioranza assoluta: il Pd raccoglie il consenso di un senese su due con il 50,3% dei consensi. Se il voto lo mettiamo nel contesto che abbiamo descritto finora, è indubbio il risultato positivo della nostra Provincia, la prima in Italia per percentuale al Pd, suffragato da diversi indicatori. A noi non serve a niente però né fermarci qui, né tanto meno dirci bravi. Dall’analisi del voto comune per comune e sezione elettorale per sezione elettorale, potremo probabilmente capire almeno due aspetti. Cosa funziona, perché qualcosa deve funzionare per raggiungere un risultato, al fine di poterlo depurare e implementare. Soprattutto cosa non funziona per poter, attraverso l’analisi critica, migliorarci e costruire pezzo dopo pezzo l’alternativa.il Pd senese è il primo in Italia e in Toscana e sta 8,1% sopra la media regionale. Dopo Siena c’è il Pd di Livorno, ma lontano 3,6 punti percentuali con il 46,7%, seguono poi Firenze, Pisa, Arezzo… Infine, anche se nel 2009 il Pd di Siena era il primo in Toscana, siamo anche quello che cresce di più in punti percentuali rispetto al 2009 e che ha il terzo indice sui voti assoluti sia sul 2005 che sul 2009 (prendendo i voti assoluti rispettivamente delle due elezioni, l’indice è la percentuale di voti assoluti avuti nel 2010 calcolati sui due totali). Quest’ultimo calcolatore indica lo stato di salute di un partito sul breve periodo e, sempre rispetto al contesto, possiamo essere soddisfatti. Per tracciare una mappa del Pd in Provincia di Siena possiamo dire che il Partito Democratico è primo partito in tutti i comuni della Provincia, con i picchi sopra il sessanta per cento di Castiglion d’Orcia (61,6%), Radicondoli (61,5%), Chiusdino (61,2%) e San Quirico d’Orcia (60,5%). Vengono poi Torrita di Siena, San Gimignano e Buonconvento. Inoltre, il Pd cresce in 35 comuni su 36 in Provincia, andando in doppia cifra per incremento a Piancastagnaio (+13,1%), Radicofani (12,3%) e San Casciano dei Bagni (+11,5%). In undici comuni la crescita supera i cinque punti percentuali. Le prospettive “Abbiamo un’occasione d’oro, non sprechiamola. Abbiamo un anno intenso per il partito della città e saremo tutti coinvolti nel dare il nostro contributo; si voterà in un altro solo comune, Trequanda. Il resto della Provincia non andrà, a meno di liete ed improbabili sorprese da Fini o da qualcun altro, al voto a breve. Affronteremo, infine, un congresso locale che sarà utile nella misura in cui riusciremo a discutere e confrontarci, ad aprirci e coinvolgere. Ecco che abbiamo finalmente l’occasione, quella che è mancata dalla nascita del Pd ad oggi, di fare il partito. Carichiamoci i due principali dati negativi di queste elezioni, il calo di voti assoluti e l’esclusione da molti processi decisionali in particolare al nord Italia, e diamo al Pd un profilo serio, credibile ed autorevole. Cominciando dai nostri circoli, dalle nostre frazioni. Stavolta non abbiamo scuse e dipende da noi cosa vogliamo fare del Partito nei nostri territori, cominciando a farsi domande anche scomode. La riflessione sul voto serve appunto non tanto ad avvitarci in un dibattito interno, quanto a cercare di interpretare i segnali nei nostri territori per impostare una strategia”. E’ possibile scaricare l’intera relazione nel sito www.sienapartitodemocratico.it
Guicciardini: “Il futuro del Pd comincia da Siena”
Una relazione approfondita e dettagliata per analizzare il voto delle elezioni regionali e per indicare alcune linee guida fondamentali per il futuro del Partito democratico. E’ quella presentata giovedì 22 aprile da Niccolò Guicciardini, responsabile del dipartimento partito, alla direzione provinciale del Pd senese, svoltasi presso il circolo Arci del Ruffolo, a Siena. In oltre 40 minuti di intervento Guicciardini ha tracciato il quadro generale del risultato elettorale spiegando la nuova geografia politica del Paese e le prospettive del Partito. Uno sguardo “d’insieme” al voto del 28 e 29 marzo “L’impatto complessivo dell’ultimo voto ha lasciato senz’altro l’amaro in bocca per come si è determinato: le due regioni passate saldamente in mano al centrodestra, Campania e Calabria, e Piemonte e Lazio consegnate al fotofinish, l’ondata delle vittorie del centrosinistra che rimane al di là delle Alpi, l’avanzata della Lega, i ballottaggi che consegnano alla destra anche realtà tradizionalmente di centrosinistra, e soprattutto un astensionismo che spaventa. Allo stesso tempo un Partito Democratico che riesce a reggere l’urto, avanzando di circa un punto percentuale se si sommano le liste di alcuni Presidenti (tranne in Puglia e nel Lazio), un Pdl che cala e una forbice tra centrosinistra e centrodestra che scende nel complesso. Ma il nostro compito non è certo quello di sommare gli elementi di preoccupazione per dipingere un quadro tutto nero, magari per lasciarsi andare al solito sconforto, oppure intercettare i segnali positivi per rassicurarsi o, peggio, cantare vittoria. Il nostro compito è guardare in faccia la realtà, capire le motivazioni, individuare analiticamente i fattori negativi per intervenire e depurare gli elementi positivi per capire su cosa puntare e cosa mettere al centro della nostra azione politica nel lungo percorso che porterà il nostro Partito alla sfida del 2013 a livello nazionale e al suo radicamento e rafforzamento locale, con la decisiva sfida del 2011. Un dato, infatti, è incontrovertibile: il centrosinistra si conferma ad oggi minoranza elettorale e culturale nel nostro Paese”. Il voto a livello nazionale “Il Partito Democratico, in definitiva, perde sul piano nazionale un milione e centomila voti sul 2009 in termini assoluti e si attesta a circa il 27%. Seppure appaia ad un’analisi fredda fisiologica l’emorragia di consensi in termini assoluti, visto il dato eccezionale dell’astensionismo, non possiamo esimerci dal domandarci perché un milione di persone, pari a quasi il 16% sul totale dei votanti Pd, abbiano deciso di non tornare a votare Pd alle elezioni o abbiano deciso che non ne valeva la pena. Questo interrogativo si pone a tutti i partiti, ma in particolare al nostro che ha un tremendo bisogno di costruire l’alternativa a partire dall’entusiasmo, la convinzione e l’impegno del proprio elettorato di riferimento. Se il raffronto lo facciamo con il 2008, con le Politiche, sono 4 milioni e mezzo gli italiani che non ci hanno confermato la fiducia o rivolgendosi altrove o, più facilmente, non venendo a votare. La situazione politica e di legge elettorale è completamente diversa, ma è bene avere un quadro preciso anche nei numeri assoluti. Se, infine, stiamo al dato dell’Ulivo del 2005, i voti sono due milioni e mezzo con cali più significativi nel sud e in Piemonte Il Partito Democratico, a consuntivo, si conferma la forza dell’alternativa al centrodestra. Ma ha un tremendo bisogno del nostro contributo, come vedremo nell’analisi dei risultati locali. Ha un tremendo bisogno del contributo di tutti noi, della voglia di mettersi in gioco nella società, di costruire il partito a partire dalla proposta politica, dai rapporti con le persone, dalla voglia di scommettere”. L’astensionismo Più di un italiano su tre non si reca a votare, l’affluenza è pari al 64,2%. Il risultato peggiore nella storia delle consultazioni elettorali in Italia, se si escludono i referendum. Prendendo solo le regioni in cui si è votato, per avere un raffronto più realistico, si vede un calo di otto punti percentuali rispetto al 2005. Alle regionali del 1995 votò l’82% degli aventi diritto, ossia diciotto punti in più rispetto al 2010. Insomma, il fenomeno dell’astensionismo ha avuto un’accelerazione impressionante negli ultimi anni, tanto da arrivare a Presidenti di Regione eletti dal 30% degli aventi diritto. Un trend che non appartiene alla nostra tradizione politica e che davvero rappresenta un segnale chiaro a tutti i partiti e soprattutto alla nostra stessa società. Non possiamo nasconderci che la grave crisi economica abbia influito in modo significativo sull’astensionismo. Ma anche questo non è un alibi, anzi è un aggravante: nel momento in cui i problemi quotidiani legati alla sicurezza del lavoro, al crollo del potere d’acquisto, al rattrappimento della mobilità sociale si manifestano in modo virulento, la politica non rappresenta il campo in cui confrontarsi. Anzi, si vive con ancora più distanza. Non si vede nei processi decisionali collettivi, quale è un’elezione regionale, una strada possibile per scegliere un modo di risollevarsi, di ripartire. Il fenomeno dell’astensionismo, che colpisce tutti i partiti, non è definibile come un partito in sé. Non si può dare un’interpretazione omogenea all’astensionismo, in quanto si sommano diverse tendenze. Da una parte l’apatia o il disinteresse, che di certo molti messaggi mediatici incentivano da una ventina d’anni a questa parte, dall’altra la protesta o l’ammonimento. Fino anche allo sfinimento per l’appiattirsi di ogni prospettiva”. Il voto in Toscana “In Toscana diventa Presidente Enrico Rossi con il 59,7% dei voti e il Pd toscano, come detto, è il primo in Italia con il 42,2%. Come ha detto il nostro segretario Elisa Meloni, e condivido pienamente, il risultato toscano non si può liquidare guardandolo come la ripetizione di una tradizione o il frutto di qualche strana alchimia. E sinceramente ha ragione Rossi a rivendicare al modello toscano l’attenzione dovuta. Anche in Toscana la competizione c’è, per quanto minore rispetto ad altrove. Alle ultime amministrative abbiamo perso alcuni comuni, come Prato. I toscani non sono dei cretini che votano sempre il centrosinistra perché sono abituati a farlo. Non sono una specie protetta, indenne da tutti i mutamenti sociali ed elettorali di cui abbiamo parlato finora. Anche i toscani scelgono se andare a votare e chi andare a votare. E se hanno deciso di dare fiducia al centrosinistra, state pure certi, influiscono tanti elementi che vale la pena analizzare. In Toscana, a fronte di un centrodestra a tratti imbarazzante e incapace di costruire anche una candidatura credibile e spendibile, il centrosinistra è stato in grado di mettere in piedi una coalizione ampia ma compatta ed unita. Questo non è affatto scontato, viste le non lontane esperienze di coalizioni di governo ampie che si sono dimostrate litigiose e incapaci di decidere. In Toscana, invece, abbiamo saputo proporre una coalizione molto ampia, ma che ha dato l’idea di essere in grado di portare avanti tutte quelle scelte, anche difficili e radicali, che Enrico Rossi si è assunto nel suo programma”. Il voto in provincia di Siena “Uno su due” recita il manifesto di ringraziamento che abbiamo fatto per le elezioni regionali. In effetti, in Provincia di Siena siamo tornati ad essere maggioranza assoluta: il Pd raccoglie il consenso di un senese su due con il 50,3% dei consensi. Se il voto lo mettiamo nel contesto che abbiamo descritto finora, è indubbio il risultato positivo della nostra Provincia, la prima in Italia per percentuale al Pd, suffragato da diversi indicatori. A noi non serve a niente però né fermarci qui, né tanto meno dirci bravi. Dall’analisi del voto comune per comune e sezione elettorale per sezione elettorale, potremo probabilmente capire almeno due aspetti. Cosa funziona, perché qualcosa deve funzionare per raggiungere un risultato, al fine di poterlo depurare e implementare. Soprattutto cosa non funziona per poter, attraverso l’analisi critica, migliorarci e costruire pezzo dopo pezzo l’alternativa.il Pd senese è il primo in Italia e in Toscana e sta 8,1% sopra la media regionale. Dopo Siena c’è il Pd di Livorno, ma lontano 3,6 punti percentuali con il 46,7%, seguono poi Firenze, Pisa, Arezzo… Infine, anche se nel 2009 il Pd di Siena era il primo in Toscana, siamo anche quello che cresce di più in punti percentuali rispetto al 2009 e che ha il terzo indice sui voti assoluti sia sul 2005 che sul 2009 (prendendo i voti assoluti rispettivamente delle due elezioni, l’indice è la percentuale di voti assoluti avuti nel 2010 calcolati sui due totali). Quest’ultimo calcolatore indica lo stato di salute di un partito sul breve periodo e, sempre rispetto al contesto, possiamo essere soddisfatti. Per tracciare una mappa del Pd in Provincia di Siena possiamo dire che il Partito Democratico è primo partito in tutti i comuni della Provincia, con i picchi sopra il sessanta per cento di Castiglion d’Orcia (61,6%), Radicondoli (61,5%), Chiusdino (61,2%) e San Quirico d’Orcia (60,5%). Vengono poi Torrita di Siena, San Gimignano e Buonconvento. Inoltre, il Pd cresce in 35 comuni su 36 in Provincia, andando in doppia cifra per incremento a Piancastagnaio (+13,1%), Radicofani (12,3%) e San Casciano dei Bagni (+11,5%). In undici comuni la crescita supera i cinque punti percentuali. Le prospettive “Abbiamo un’occasione d’oro, non sprechiamola. Abbiamo un anno intenso per il partito della città e saremo tutti coinvolti nel dare il nostro contributo; si voterà in un altro solo comune, Trequanda. Il resto della Provincia non andrà, a meno di liete ed improbabili sorprese da Fini o da qualcun altro, al voto a breve. Affronteremo, infine, un congresso locale che sarà utile nella misura in cui riusciremo a discutere e confrontarci, ad aprirci e coinvolgere. Ecco che abbiamo finalmente l’occasione, quella che è mancata dalla nascita del Pd ad oggi, di fare il partito. Carichiamoci i due principali dati negativi di queste elezioni, il calo di voti assoluti e l’esclusione da molti processi decisionali in particolare al nord Italia, e diamo al Pd un profilo serio, credibile ed autorevole. Cominciando dai nostri circoli, dalle nostre frazioni. Stavolta non abbiamo scuse e dipende da noi cosa vogliamo fare del Partito nei nostri territori, cominciando a farsi domande anche scomode. La riflessione sul voto serve appunto non tanto ad avvitarci in un dibattito interno, quanto a cercare di interpretare i segnali nei nostri territori per impostare una strategia”. E’ possibile scaricare l’intera relazione nel sito www.sienapartitodemocratico.it
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