18-12-2008
ISTAT: DISOCCUPAZIONE IN AUMENTIO (6.1%)
Istat: la disoccupazione è in aumento, mentre rallenta il ritmo di crescita dell'occupazione. Nuovo scenario negativo per l'economia italiana. Dati preoccupanti arrivano dall'Istat: la disoccupazione è in aumento, mentre rallenta il ritmo di crescita dell'occupazione. L'istituto parla di un tasso di disoccupazione pari al 6,1%, lo 0,5 di più rispetto all'anno 2007. Nel terzo trimestre 2008 il numero delle persone in cerca di lavoro si è innalzato, portandosi a 1.527.000 unità, 127.000 unità in più (+9%) rispetto allo stesso periodo del 2007. Causa principale di tale incremento è, secondo l'Istat, la crescita degli ex-occupati nel nord e nel centro e degli ex-inattivi nel Mezzogiorno. Cattive notizie anche per il tasso di occupazione, che vede rallentata la sua crescita. Sempre nel corso dello stesso trimestre, infatti, risulta pari a 23.518.000 unità, con un aumento su base annua pari al solo 0,4% (+101.000 unità). Inoltre, come emerge dall'analisi, l'incremento è tutto dovuto all'innesto della popolazione straniera registrata in anagrafe. Il tasso di occupazione della popolazione fra i 15 e i 64 anni è diminuito di un decimo di punto rispetto al terzo trimestre del 2007, portandosi al 59%. L'occupazione maschile è in calo, -0,2% (- 27.000 unità) rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso: un vero shock nel campo dell'occupazione maschile, che non registrava cali fin dal 1997. Sale, invece, l'occupazione femminile, con un incremento pari a 127.000 (+1,4%) rispetto allo stesso periodo del 2007. segno positivo per l'occupazione straniera che è cresciuta nell'ultimo anno di 285.000 unità (152.000 uomini e 133.000 donne). Con riferimento ai singoli settori, l'agricoltura registra un calo di occupati del 3,1% (-29.000 unità), riguardante sia il lavoro autonomo che quello dipendente, sia il nord che il sud. Anche l'industria ha chiuso in passivo, accusando un calo di occupazione pari all'1,0 % (- 53.000 unità), relativamente al solo lavoro dipendente. Unico settore a reagire positivamente è il terziario con un incremento di 149.000 unità pari all'1,0%. Proprio in merito ai problemi di occupazione, con un'attenzione particolare per il mondo femminile, si è pronunciata, nei giorni passati, Vittoria Franco, Ministro delle Pari opportunità nel governo ombra del PD. In occasione della sua lettera aperta al ministro Brunetta, in risposta alla proposta dell'innalzamento dell'età pensionabile femminile, portava ala sua attenzione le maggiori difficoltà incontrate dalla popolazione femminile in campo lavorativo: “La maternità è ancora un ostacolo all’accesso al mercato del lavoro, alla carriera e alla realizzazione delle donne in un lavoro gratificante. Le donne oggi sono più istruite, ma più povere e più precarie degli uomini. Per le donne laureate il differenziale salariale può arrivare anche al 25% in meno. Mentre gli uomini laureati sono quasi tutti occupati, le colleghe donne lo sono per il 70% circa. Il livello di occupazione femminile al Sud è intorno al 31%. Lì le donne addirittura rinunciano a iscriversi nelle liste di collocamento perché disperano di trovare un’occupazione. Ma quelle stesse donne inattive rinunciano anche a fare figli, perché il futuro della coppia e della famiglia è più incerto. Una donna su cinque è costretta a lasciare il posto di lavoro quando nasce il primo figlio e difficilmente riesce a rientrare nel mercato del lavoro. Il tempo dedicato alla cura da una donna che lavora ammonta mediamente a quattro ore e 20 minuti al giorno, mentre gli uomini ne sono pressoché esonerati: poco più di un’ora”. La chiude la lettera con una sfida: “Va benissimo l’idea di investire i risparmi realizzati con l’equiparazione dell’età pensionabile nella creazione di servizi che garantiscano reali pari opportunità, ma – come ognuno può vedere dai dati – la situazione è talmente drammatica che qualche spicciolo risparmiato sulla Pubblica Amministrazione è ben lungi dall’essere sufficiente anche solo per partire. Ci dia qualche segnale che ci consenta di avere fiducia e per non pensare che questo Governo voglia di nuovo intrappolare le donne in una ulteriore discriminazione: più povere, più oberate di cura e pure in pensione più tardi degli uomini”.
ISTAT: DISOCCUPAZIONE IN AUMENTIO (6.1%)
Istat: la disoccupazione è in aumento, mentre rallenta il ritmo di crescita dell'occupazione. Nuovo scenario negativo per l'economia italiana. Dati preoccupanti arrivano dall'Istat: la disoccupazione è in aumento, mentre rallenta il ritmo di crescita dell'occupazione. L'istituto parla di un tasso di disoccupazione pari al 6,1%, lo 0,5 di più rispetto all'anno 2007. Nel terzo trimestre 2008 il numero delle persone in cerca di lavoro si è innalzato, portandosi a 1.527.000 unità, 127.000 unità in più (+9%) rispetto allo stesso periodo del 2007. Causa principale di tale incremento è, secondo l'Istat, la crescita degli ex-occupati nel nord e nel centro e degli ex-inattivi nel Mezzogiorno. Cattive notizie anche per il tasso di occupazione, che vede rallentata la sua crescita. Sempre nel corso dello stesso trimestre, infatti, risulta pari a 23.518.000 unità, con un aumento su base annua pari al solo 0,4% (+101.000 unità). Inoltre, come emerge dall'analisi, l'incremento è tutto dovuto all'innesto della popolazione straniera registrata in anagrafe. Il tasso di occupazione della popolazione fra i 15 e i 64 anni è diminuito di un decimo di punto rispetto al terzo trimestre del 2007, portandosi al 59%. L'occupazione maschile è in calo, -0,2% (- 27.000 unità) rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso: un vero shock nel campo dell'occupazione maschile, che non registrava cali fin dal 1997. Sale, invece, l'occupazione femminile, con un incremento pari a 127.000 (+1,4%) rispetto allo stesso periodo del 2007. segno positivo per l'occupazione straniera che è cresciuta nell'ultimo anno di 285.000 unità (152.000 uomini e 133.000 donne). Con riferimento ai singoli settori, l'agricoltura registra un calo di occupati del 3,1% (-29.000 unità), riguardante sia il lavoro autonomo che quello dipendente, sia il nord che il sud. Anche l'industria ha chiuso in passivo, accusando un calo di occupazione pari all'1,0 % (- 53.000 unità), relativamente al solo lavoro dipendente. Unico settore a reagire positivamente è il terziario con un incremento di 149.000 unità pari all'1,0%. Proprio in merito ai problemi di occupazione, con un'attenzione particolare per il mondo femminile, si è pronunciata, nei giorni passati, Vittoria Franco, Ministro delle Pari opportunità nel governo ombra del PD. In occasione della sua lettera aperta al ministro Brunetta, in risposta alla proposta dell'innalzamento dell'età pensionabile femminile, portava ala sua attenzione le maggiori difficoltà incontrate dalla popolazione femminile in campo lavorativo: “La maternità è ancora un ostacolo all’accesso al mercato del lavoro, alla carriera e alla realizzazione delle donne in un lavoro gratificante. Le donne oggi sono più istruite, ma più povere e più precarie degli uomini. Per le donne laureate il differenziale salariale può arrivare anche al 25% in meno. Mentre gli uomini laureati sono quasi tutti occupati, le colleghe donne lo sono per il 70% circa. Il livello di occupazione femminile al Sud è intorno al 31%. Lì le donne addirittura rinunciano a iscriversi nelle liste di collocamento perché disperano di trovare un’occupazione. Ma quelle stesse donne inattive rinunciano anche a fare figli, perché il futuro della coppia e della famiglia è più incerto. Una donna su cinque è costretta a lasciare il posto di lavoro quando nasce il primo figlio e difficilmente riesce a rientrare nel mercato del lavoro. Il tempo dedicato alla cura da una donna che lavora ammonta mediamente a quattro ore e 20 minuti al giorno, mentre gli uomini ne sono pressoché esonerati: poco più di un’ora”. La chiude la lettera con una sfida: “Va benissimo l’idea di investire i risparmi realizzati con l’equiparazione dell’età pensionabile nella creazione di servizi che garantiscano reali pari opportunità, ma – come ognuno può vedere dai dati – la situazione è talmente drammatica che qualche spicciolo risparmiato sulla Pubblica Amministrazione è ben lungi dall’essere sufficiente anche solo per partire. Ci dia qualche segnale che ci consenta di avere fiducia e per non pensare che questo Governo voglia di nuovo intrappolare le donne in una ulteriore discriminazione: più povere, più oberate di cura e pure in pensione più tardi degli uomini”.
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