02-12-2008
MENTRE IL GOVERNO TOGLIE LA DETRAZIONE DEL 55% SU INTERVENTI DI EFFICIENZA ENERGETICA..
CRISI – BONUS DETRAZIONE FISCALE 55% SU EFFICIENZAE RISPARMIO ENERGETICO: REALACCI, “EFFETTI GIA’ COLPISCONO IMPRESE E ALLARMANO CITTADINI”. “Gli effetti scellerati del taglio e delle modifiche al bonus fiscale del 55% per l’efficienza energetica già si fanno sentire. Da questa mattina la mia casella di posta è invasa da lettere di veemente protesta da parte di cittadini e imprese che si sentono truffati dallo Stato”, così Ermete Realacci, Ministro dell’Ambiente del Governo Ombra del Pd, torna sulla misura contenuta nel pacchetto anticrisi che rende più complesso burocraticamente e meno certo nei rientri il bonus previsto per le famiglie e le imprese che investono in efficienza energetica e fonti rinnovabili”. “C’è chi, certo del bonus fiscale per gli interventi nell’eco-edilizia”, spiega Realacci, “ha sostituito la caldaia con un modello più efficiente, chi ha cambiato gli infissi, chi ha scelto il solare termico o i pannelli fotovoltaici, chi ha ristrutturato la propria abitazione con criteri per migliorare l’efficienza energetica. Interventi economicamente importanti per famiglie che a causa dell’effetto retroattivo del provvedimento del Governo rischiano di pesare ulteriormente su economie già provate dalla crisi. “E poi ci sono le imprese, anche quelle leader del settore, che si sono viste in soli due giorni annullare gli ordini per l’acquisto di pannelli solari e vedono i loro fatturati crollare. Sono queste le misure anti-crisi del Governo Berlusconi? Cancellare con un colpo di mano misure che hanno rappresentato un importante volano per la piccola e media impresa e aiutato le tasche dei cittadini?” “Il Governo ci ripensi e stralci subito questo assurdo provvedimento dal pacchetto anti-crisi", conclude Realacci. "Stiamo parlando, infatti, di una vera propria beffa ai danni delle tasche delle imprese e di onesti cittadini che certi di poter contare su una legge approvata dallo Stato hanno investito a favore dell’efficienza energetica e della qualità dell’ambiente. E questa è la moneta con cui vengono ripagati.” A Poznan la conferenza sul clima. Due settimane per progettare un nuovo Trattato. Dall’1 al 12 dicembre, a Poznan, si parlerà di futuro. La conferenza climatica organizzata in Polonia, infatti, avrà il gravoso compito di trovare risposte valide alle molte domande che cercano di fare luce sul futuro climatico del Pianeta. La scadenza del protocollo di Kyoto, nel 2012, è alle porte e molti dei 37 Paesi che hanno aderito al primo serio tentativo di abbattere i livelli di gas serra immessi nell’atmosfera, non sembrano essere in grado di onorare gli impegni presi. Per questo, è necessario definire immediatamente le prossime linee d’azione: qual è l’agenda “ecologica” da seguire dopo il 2012? Qual è la strategia giusta da mettere in atto? Bisogna dare luogo ad un nuovo accordo, con limiti ancora più rigidi? Oppure affidarsi allo zelo dei singoli Paesi? Poznan costituisce la quarta tappa di negoziati dalla conferenza dell'Onu sul clima del dicembre scorso a Bali, che ha fissato come obiettivo la firma di un accordo internazionale sulla riduzione dei gas a effetto serra nel dicembre 2009 a Copenhagen. Nonostante i parecchi dubbi e perplessità che anticipano l’inizio dei lavori, la possibilità che si giunga ad una svolta decisiva non è da scartare. Il contesto internazionale è infatti molto cambiato rispetto alle tre precedenti riunioni di quest'anno, a Bangkok, Bonn e Accra. Il presidente eletto degli Stati uniti, Barack Obama, si è mostrato molto più sensibile di George W. Bush alle tematiche del riscaldamento climatico e agli strumenti per combatterlo. Anche se né Obama, né alcun membro della sua squadra, saranno a Poznan, la sua "presenza" politica sarà evidente. Le sue posizioni sulla lotta contro il riscaldamento globale potrebbero rendere più dinamici i negoziati, finora ostacolati dall'avversione dell'amministrazione Bush verso qualsiasi sorta di accordo internazionale vincolante. "L'America sta tornando" ha affermato il senatore democratico John Kerry, candidato alla Casa Bianca nel 2004, sottolineando la volontà di Obama di vedere gli Stati uniti giocare un ruolo trainante nei negoziati sul clima. "E' un momento molto importante", ha osservato il futuro presidente della potente Commissione per le relazioni esterne del Senato. "Dopo otto anni di ostruzionismo, ritardi e opposizione, gli Stati uniti riabbracceranno la comunità internazionale per questa sfida globale". Secondo un recente rapporto Onu, saranno necessari almeno 200 miliardi di dollari ogni anno per ridurre entro il 2030 le emissioni di Co2 del 25% rispetto al loro livello del 2000. E con la crisi finanziaria in atto, l'obiettivo non è affatto scontato, specialmente vista la miopia mostrata da alcuni governi, come quello italiano o quello polacco, o la resistenza espressa dai Paesi in via di sviluppo come Cina, India. Brasile e Indonesia. "Anche se è troppo presto per aspettarsi dei grandi passi in avanti, - ha dichiarato la settimana scorsa tramite una nota stampa il commissario Ue all'Ambiente, Stavros Dimas - la conferenza di Poznan dovrebbe permettere di passare dalle discussioni esplorative ai negoziati concreti, esprimendo chiaramente che il mondo è sulla buona strada per siglare tra un anno, a Copenhagen, un Trattato ambizioso sul clima".

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