17-08-2008
TRA SICUREZZA E ICI, LA VERA EMERGENZA DI CUI NESSUNO PARLA: IL CLIMA
TERRA, SEI GRADI DI PAURA. Il riscaldamento globale potrebbe essere molto più rapido del previsto. E avere conseguenze ancora più drammatiche. Nella peggiore delle ipotesi la temperatura media della Terra potrebbe aumentare, entro il 2100, di 5,8 gradi centigradi. E sarebbe la catastrofe: completa scomparsa dei ghiacci polari, scomparsa di molte zone costiere e della foresta amazzonica che diverrebbe un deserto, formazione di super-uragani, estinzioni di massa. Per questo gli scienziati avvertono: due gradi in più è il limite da non superare. Le coste spagnole, francesi, italiane, greche ridotte ad un deserto. Il Midwest americano, granaio del mondo, inaridito dalla siccità. Miami, due terzi di Manhattan, il centro di Londra, Venezia sommersi dal mare. Diciamolo subito: questo non è lo scenario della catastrofe planetaria. Al contrario, è lo scenario benigno, quello più ottimistico. In altre parole, quello che, molto probabilmente, accadrà se tutto andrà bene, se saremo stati abbastanza bravi da azzerare, in pratica, le emissioni di anidride carbonica, in modo che l´effetto serra già accumulato non scaldi la temperatura media annua del pianeta più di due gradi centigradi. Ma, visto lo stato attuale del dibattito fra industrie e governi, questo, dice al Guardian uno dei principali consulenti scientifici del governo britannico, il professor Bob Watson, è un obiettivo dichiaratamente «ambizioso». Secondo Watson, che è stato presidente dell´Ipcc, l´organismo Onu incaricato del monitoraggio dell´effetto serra (fu cacciato per volere di Bush), bisogna, dunque, cominciare seriamente a pensare come prepararsi ad un aumento non di 2, ma di 4 gradi. Anche se questa è davvero la catastrofe, con centinaia di milioni di persone in marcia a caccia di acqua e cibo, la tundra ridotta ad una immensa palude e l´estate svizzera a 48 gradi, come oggi a Marrakech. L´idea che il mondo, come lo conosciamo, possa salvarsi limitando l´aumento della temperatura a due gradi è una sorta di illusione ottica dei giornalisti. L´Ipcc ha previsto che, a seconda dell´aumento effettivo dell´effetto serra, la temperatura possa salire, entro il 2100, fra 1,4 e 5,8 gradi. La soglia dei due gradi è stata indicata come il massimo, entro il quale la vita del pianeta, nonostante molti scossoni, possa adattarsi senza esserne sconvolta. Ora, per un´umanità abituata ad attraversare sbalzi di venti-trenta gradi nell´arco delle stagioni, due gradi possono sembrare pochi. Ma, in realtà, un aumento medio annuo di due gradi è un salto enorme. Per capirci: l´ondata di caldo che, nel 2003, uccise in Europa decine di migliaia di persone corrisponde ad un aumento medio annuo di 2,3 gradi. Quando la Terra era più calda, in media, rispetto ad ora, di quattro gradi, ai Poli non c´erano ghiacci (tutta la loro acqua stava ad innalzare il livello del mare). All´inverso, l´ultima volta che la Terra è stata sei gradi all´anno più fredda, 18 mila anni fa, New York era sotto un chilometro di ghiaccio perenne. Il prezzo, anche solo di due gradi, è quello di gigantesche trasformazioni del mondo, come lo conosciamo. Ce ne dà uno schizzo un libro che sta per uscire con la Fazi editore: "Sei gradi", scritto da un giornalista inglese, Mark Lynas, che ripercorre, per ogni grado della scala proiettata, nell´ultimo rapporto, dall´Ipcc, i mutamenti a cui andremmo incontro, sulla base delle ultime ricerche scientifiche. Due gradi significano la progressiva desertificazione dell´Europa meridionale, come della Cina del Nord, con il prosciugamento dell´approvigionamento d´acqua per megalopoli come Pechino. Ma la sete sarà un problema anche per l´85 per cento dei californiani Anche la fascia dell´America, dal Nebraska al Texas, e buona parte dell´Australia, due aree che oggi esportano la maggior quantità di frumento e granturco al mondo, si ridurranno a steppe improduttive. Il baricentro dell´agricoltura occidentale si sposterà drammaticamente nel New England e nell´Europa settentrionale che, però (l´effetto serra aumenta l´evaporazione e, dunque, l´intensità delle piogge) saranno squassate da ricorrenti inondazioni. Molte specie animali e vegetali spariranno. Ma gli effetti più pesanti saranno in mare. L´aumento della temperatura renderà più acide le acque degli oceani, riducendo la formazione di carbonato di calcio che è essenziale per la formazione del plancton, l´anello di base della catena alimentare marina, a cui si aggancia tutta la vita dei pesci. Scordatevi cozze, tonni, calamari e sardine: li troverete soltanto nei libri. E preparatevi ad estati roventi. Nell´austera Basilea siesta e pennichella potrebbero diventare obbligatorie, per evitare colpi di calore in massa. Estati come quella del 2003 saranno quasi la norma: metà delle estati fra il 2040 e il 2050 saranno così. Si prevede un mese in più, nell´Europa meridionale, di notti con temperature sopra i 20 gradi. Spesso senza condizionatore: i fiumi in secca potrebbero spegnere le centrali, regalandoci black-out in serie. E preparatevi anche a migrazioni bibliche: buona parte delle grandi città del mondo è sulla costa e l´innalzamento del mare costringerà ad abbandonare Miami e larghe fette di New York, Londra, Mumbai, Bangkok e Shangai. In tutto, metà della popolazione mondiale potrebbe dover fuggire da una onnipresente acqua alta. Le ricerche scientifiche più recenti, infatti, non condividono il relativo ottimismo dell´Ipcc, che fissava ad un massimo di un metro l´innalzamento degli oceani entro questo secolo. Soprattutto, svuotano la prospettiva di una lenta avanzata nel corso dei decenni. Gli ultimi carotaggi dei ghiacci in Groenlandia registrano repentini sbalzi di temperatura, decine di migliaia di anni fa, anche nell´arco di 1-3 anni. Lo scioglimento del ghiaccio groenlandese potrebbe rapidamente alzare il livello dell´acqua anche di 5 metri: basta mezzo metro per sommergere Alessandria d´Egitto. Ma, se si sciogliesse il ghiaccio dell´Antartide, il livello del mare potrebbe salire di 25-50 metri. L´ultima volta che la Terra è stata 4 gradi più calda, lì ghiaccio non ce n´era. E il mondo con 4 gradi in più, a cui, secondo Watson, bisogna prepararsi fin d´ora, è francamente irriconoscibile. Forse qualche grande città costiera potrebbe sopravvivere, ridotta ad un isolotto fortificato contro l´avanzare delle onde: una sorta di New Orleans all´ennesima potenza. Ma la realtà sarebbe quella della dislocazione di intere popolazioni, in cerca di terraferma da abitare e coltivare: due terzi degli abitanti del Bangladesh si riverserebbero verso la frontiera con l´India. Il permafrost che cementa le terre intorno al circolo polare artico si scongelerebbe, trasformando in milioni di ettari di fanghiglia la tundra siberiana e canadese. Le Alpi diventerebbero nude e brulle, come l´Atlante marocchino. Un avamposto d´Africa, perché, intanto, il Sahara traverserebbe lo stretto di Gibilterra, insediandosi sulle coste andaluse, catalane, provenzali e italiane. Regalandoci estati, più che roventi, insostenibili: sulle coste settentrionali del Mediterraneo ci sarebbero 65 giorni in più di ondate di calore, cioè con temperature oltre i 32 gradi, rispetto ad oggi. Basilea registrerebbe picchi di 48 gradi, Londra di 45. E´ questa la catastrofe? Non è detto. Ciò che rende difficile una previsione dei cambiamenti climatici è la loro non gradualità. Esistono una serie di soglie critiche ("tipping points", punti di svolta, li chiamano gli americani), superati i quali i fenomeni si accelerano bruscamente e che i modelli climatici non riescono a catturare. Ad esempio, lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia è un processo che accelera da solo: mentre il bianco del ghiaccio riflette la luce solare, la brulla terra scura o il mare blu lo assorbono completamente, moltiplicando il riscaldamento. Anche l´esaurimento del plancton è una soglia critica. Il mare, infatti, assorbe circa metà dell´anidride carbonica emessa sulla terra, proprio perché viene trasformata in carbonato di calcio nella struttura organica degli enormi banchi di plancton. Senza plancton, c´è più CO2 in circolazione, più effetto serra, più riscaldamento. Ancora, lo scongelamento della tundra rilascerà imponenti quantità di metano, un gas serra anche più potente dell´anidride carbonica. Questi imprevedibili acceleratori possono far saltare il riscaldamento globale dai 2 gradi dell´Ipcc ai 4 di Watson. Ma anche all´estremo dei 6 gradi, ipotizzato nella forchetta degli studiosi dell´Onu: una frontiera che gli stessi scienziati hanno difficoltà a scrutare. Come sarebbe, per l´uomo, un pianeta con sei gradi in più? Una terra spopolata e largamente deserta, probabilmente, bruciata dagli ultravioletti sempre meno schermati dall´ozono, con la popolazione addensata intorno ai poli, e un mare che sputa verso il cielo immense colonne di gas velenoso (idrogeno solforato) maturato nella putrefazione dei suoi fondali. Non occorre, peraltro, arrivare a sei gradi per cominciare a chiedersi quale società potrà sopravvivere agli effetti più duri del riscaldamento globale. "La fine della civiltà, come la conosciamo" sentenziava, all´inizio del 2008, il rapporto "L´età delle conseguenze" del Csis, un think tank americano. Governi costretti a scelte sempre più difficili, per far fronte ad emergenze sempre più drammatiche significano regimi più autoritari, meno liberali. Società più intolleranti, con l´esplodere, soprattutto in Europa, del razzismo verso gli immigrati che vengono a rubare spazio e risorse ormai scarsi. Realtà politiche come l´Unione europea e gli stessi Stati Uniti rischiano di frammentarsi, anche di dividersi, in nome di interessi contrapposti. Sullo sfondo, lo spettro, spesso evocato, di una "guerra per le risorse", che potrebbe anche significare qualche centinaio di chilometri di terra asciutta. Maurizio Ricci - La Repubblica
TRA SICUREZZA E ICI, LA VERA EMERGENZA DI CUI NESSUNO PARLA: IL CLIMA
TERRA, SEI GRADI DI PAURA. Il riscaldamento globale potrebbe essere molto più rapido del previsto. E avere conseguenze ancora più drammatiche. Nella peggiore delle ipotesi la temperatura media della Terra potrebbe aumentare, entro il 2100, di 5,8 gradi centigradi. E sarebbe la catastrofe: completa scomparsa dei ghiacci polari, scomparsa di molte zone costiere e della foresta amazzonica che diverrebbe un deserto, formazione di super-uragani, estinzioni di massa. Per questo gli scienziati avvertono: due gradi in più è il limite da non superare. Le coste spagnole, francesi, italiane, greche ridotte ad un deserto. Il Midwest americano, granaio del mondo, inaridito dalla siccità. Miami, due terzi di Manhattan, il centro di Londra, Venezia sommersi dal mare. Diciamolo subito: questo non è lo scenario della catastrofe planetaria. Al contrario, è lo scenario benigno, quello più ottimistico. In altre parole, quello che, molto probabilmente, accadrà se tutto andrà bene, se saremo stati abbastanza bravi da azzerare, in pratica, le emissioni di anidride carbonica, in modo che l´effetto serra già accumulato non scaldi la temperatura media annua del pianeta più di due gradi centigradi. Ma, visto lo stato attuale del dibattito fra industrie e governi, questo, dice al Guardian uno dei principali consulenti scientifici del governo britannico, il professor Bob Watson, è un obiettivo dichiaratamente «ambizioso». Secondo Watson, che è stato presidente dell´Ipcc, l´organismo Onu incaricato del monitoraggio dell´effetto serra (fu cacciato per volere di Bush), bisogna, dunque, cominciare seriamente a pensare come prepararsi ad un aumento non di 2, ma di 4 gradi. Anche se questa è davvero la catastrofe, con centinaia di milioni di persone in marcia a caccia di acqua e cibo, la tundra ridotta ad una immensa palude e l´estate svizzera a 48 gradi, come oggi a Marrakech. L´idea che il mondo, come lo conosciamo, possa salvarsi limitando l´aumento della temperatura a due gradi è una sorta di illusione ottica dei giornalisti. L´Ipcc ha previsto che, a seconda dell´aumento effettivo dell´effetto serra, la temperatura possa salire, entro il 2100, fra 1,4 e 5,8 gradi. La soglia dei due gradi è stata indicata come il massimo, entro il quale la vita del pianeta, nonostante molti scossoni, possa adattarsi senza esserne sconvolta. Ora, per un´umanità abituata ad attraversare sbalzi di venti-trenta gradi nell´arco delle stagioni, due gradi possono sembrare pochi. Ma, in realtà, un aumento medio annuo di due gradi è un salto enorme. Per capirci: l´ondata di caldo che, nel 2003, uccise in Europa decine di migliaia di persone corrisponde ad un aumento medio annuo di 2,3 gradi. Quando la Terra era più calda, in media, rispetto ad ora, di quattro gradi, ai Poli non c´erano ghiacci (tutta la loro acqua stava ad innalzare il livello del mare). All´inverso, l´ultima volta che la Terra è stata sei gradi all´anno più fredda, 18 mila anni fa, New York era sotto un chilometro di ghiaccio perenne. Il prezzo, anche solo di due gradi, è quello di gigantesche trasformazioni del mondo, come lo conosciamo. Ce ne dà uno schizzo un libro che sta per uscire con la Fazi editore: "Sei gradi", scritto da un giornalista inglese, Mark Lynas, che ripercorre, per ogni grado della scala proiettata, nell´ultimo rapporto, dall´Ipcc, i mutamenti a cui andremmo incontro, sulla base delle ultime ricerche scientifiche. Due gradi significano la progressiva desertificazione dell´Europa meridionale, come della Cina del Nord, con il prosciugamento dell´approvigionamento d´acqua per megalopoli come Pechino. Ma la sete sarà un problema anche per l´85 per cento dei californiani Anche la fascia dell´America, dal Nebraska al Texas, e buona parte dell´Australia, due aree che oggi esportano la maggior quantità di frumento e granturco al mondo, si ridurranno a steppe improduttive. Il baricentro dell´agricoltura occidentale si sposterà drammaticamente nel New England e nell´Europa settentrionale che, però (l´effetto serra aumenta l´evaporazione e, dunque, l´intensità delle piogge) saranno squassate da ricorrenti inondazioni. Molte specie animali e vegetali spariranno. Ma gli effetti più pesanti saranno in mare. L´aumento della temperatura renderà più acide le acque degli oceani, riducendo la formazione di carbonato di calcio che è essenziale per la formazione del plancton, l´anello di base della catena alimentare marina, a cui si aggancia tutta la vita dei pesci. Scordatevi cozze, tonni, calamari e sardine: li troverete soltanto nei libri. E preparatevi ad estati roventi. Nell´austera Basilea siesta e pennichella potrebbero diventare obbligatorie, per evitare colpi di calore in massa. Estati come quella del 2003 saranno quasi la norma: metà delle estati fra il 2040 e il 2050 saranno così. Si prevede un mese in più, nell´Europa meridionale, di notti con temperature sopra i 20 gradi. Spesso senza condizionatore: i fiumi in secca potrebbero spegnere le centrali, regalandoci black-out in serie. E preparatevi anche a migrazioni bibliche: buona parte delle grandi città del mondo è sulla costa e l´innalzamento del mare costringerà ad abbandonare Miami e larghe fette di New York, Londra, Mumbai, Bangkok e Shangai. In tutto, metà della popolazione mondiale potrebbe dover fuggire da una onnipresente acqua alta. Le ricerche scientifiche più recenti, infatti, non condividono il relativo ottimismo dell´Ipcc, che fissava ad un massimo di un metro l´innalzamento degli oceani entro questo secolo. Soprattutto, svuotano la prospettiva di una lenta avanzata nel corso dei decenni. Gli ultimi carotaggi dei ghiacci in Groenlandia registrano repentini sbalzi di temperatura, decine di migliaia di anni fa, anche nell´arco di 1-3 anni. Lo scioglimento del ghiaccio groenlandese potrebbe rapidamente alzare il livello dell´acqua anche di 5 metri: basta mezzo metro per sommergere Alessandria d´Egitto. Ma, se si sciogliesse il ghiaccio dell´Antartide, il livello del mare potrebbe salire di 25-50 metri. L´ultima volta che la Terra è stata 4 gradi più calda, lì ghiaccio non ce n´era. E il mondo con 4 gradi in più, a cui, secondo Watson, bisogna prepararsi fin d´ora, è francamente irriconoscibile. Forse qualche grande città costiera potrebbe sopravvivere, ridotta ad un isolotto fortificato contro l´avanzare delle onde: una sorta di New Orleans all´ennesima potenza. Ma la realtà sarebbe quella della dislocazione di intere popolazioni, in cerca di terraferma da abitare e coltivare: due terzi degli abitanti del Bangladesh si riverserebbero verso la frontiera con l´India. Il permafrost che cementa le terre intorno al circolo polare artico si scongelerebbe, trasformando in milioni di ettari di fanghiglia la tundra siberiana e canadese. Le Alpi diventerebbero nude e brulle, come l´Atlante marocchino. Un avamposto d´Africa, perché, intanto, il Sahara traverserebbe lo stretto di Gibilterra, insediandosi sulle coste andaluse, catalane, provenzali e italiane. Regalandoci estati, più che roventi, insostenibili: sulle coste settentrionali del Mediterraneo ci sarebbero 65 giorni in più di ondate di calore, cioè con temperature oltre i 32 gradi, rispetto ad oggi. Basilea registrerebbe picchi di 48 gradi, Londra di 45. E´ questa la catastrofe? Non è detto. Ciò che rende difficile una previsione dei cambiamenti climatici è la loro non gradualità. Esistono una serie di soglie critiche ("tipping points", punti di svolta, li chiamano gli americani), superati i quali i fenomeni si accelerano bruscamente e che i modelli climatici non riescono a catturare. Ad esempio, lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia è un processo che accelera da solo: mentre il bianco del ghiaccio riflette la luce solare, la brulla terra scura o il mare blu lo assorbono completamente, moltiplicando il riscaldamento. Anche l´esaurimento del plancton è una soglia critica. Il mare, infatti, assorbe circa metà dell´anidride carbonica emessa sulla terra, proprio perché viene trasformata in carbonato di calcio nella struttura organica degli enormi banchi di plancton. Senza plancton, c´è più CO2 in circolazione, più effetto serra, più riscaldamento. Ancora, lo scongelamento della tundra rilascerà imponenti quantità di metano, un gas serra anche più potente dell´anidride carbonica. Questi imprevedibili acceleratori possono far saltare il riscaldamento globale dai 2 gradi dell´Ipcc ai 4 di Watson. Ma anche all´estremo dei 6 gradi, ipotizzato nella forchetta degli studiosi dell´Onu: una frontiera che gli stessi scienziati hanno difficoltà a scrutare. Come sarebbe, per l´uomo, un pianeta con sei gradi in più? Una terra spopolata e largamente deserta, probabilmente, bruciata dagli ultravioletti sempre meno schermati dall´ozono, con la popolazione addensata intorno ai poli, e un mare che sputa verso il cielo immense colonne di gas velenoso (idrogeno solforato) maturato nella putrefazione dei suoi fondali. Non occorre, peraltro, arrivare a sei gradi per cominciare a chiedersi quale società potrà sopravvivere agli effetti più duri del riscaldamento globale. "La fine della civiltà, come la conosciamo" sentenziava, all´inizio del 2008, il rapporto "L´età delle conseguenze" del Csis, un think tank americano. Governi costretti a scelte sempre più difficili, per far fronte ad emergenze sempre più drammatiche significano regimi più autoritari, meno liberali. Società più intolleranti, con l´esplodere, soprattutto in Europa, del razzismo verso gli immigrati che vengono a rubare spazio e risorse ormai scarsi. Realtà politiche come l´Unione europea e gli stessi Stati Uniti rischiano di frammentarsi, anche di dividersi, in nome di interessi contrapposti. Sullo sfondo, lo spettro, spesso evocato, di una "guerra per le risorse", che potrebbe anche significare qualche centinaio di chilometri di terra asciutta. Maurizio Ricci - La Repubblica
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